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Autore: ENZO PEDROCCO

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20/01/2007 - «Plateatici, non colpire solo i bar»

Tratto da "Il Gazzettino" del 20/01/2007

Un appello al sindaco Massimo Cacciari perché non "infierisca" su bar e ristoranti con gli annunciati aumenti sui plateatici. Lo ha scritto il presidente dell'Aepe, Elio Dazzo, che punta il dito sulla situazione attuale in cui certe categorie sarebbero privilegiate rispetto ad altre. Dazzo prende le mosse dal rincaro dell'anno scorso, particolarmente pesante per la sua categoria (più 30\%, quando era stato concordato il 10\%). «Ciò perché si travisò l'accordo che prevedeva aumenti sul valore assoluto di quanto già pagato, considerando invece la percentuale concordata come uno dei coefficienti moltiplicatori - scrive il presidente -. Per questo motivo gli aumenti dello scorso anno, interessarono pesantemente e paritariamente i pubblici esercizi di tutta la città, dall'area marciana al Lido, fino alla estrema periferia».
Ed ecco l'auspicio che nel 2007 «eventuali sacrifici, qualora necessari, siano distribuiti con equità impositiva a tutta la filiera del turismo, facendo emergere quelle categorie che abilmente si chiamano fuori da ogni dovere nei confronti della città, della quale però sono pronte a sfruttarne la rendita di posizione». Dazzo chiama in causa anche la Tia versata a Vesta: «La più alta fra tutte le città d'arte d'Italia. Non è così per altre attività turistiche veneziane, che godono inspiegabilmente di immotivate agevolazioni. Pensi che per produzioni analoghe di rifiuti , il nostro settore paga anche dieci volte la tariffa di altri. Forse riequilibrare le tariffe renderebbe più accettabile qualsiasi ragionamento su nuove imposizioni. Detto ciò, ci risulterebbe difficile comprendere perché vessare solo chi offre al turista da mangiare e non chi gli vende un foulard, un pezzo di vetro (anche artigianale), fino al giro in gondola, il taxi (trasporti) e tutte quelle imprese che con il turismo ci campano direttamente e non».

 

16/01/2007 - Per un Parco della Laguna

Tratto da "Il Manifesto" del 16/01/2007

L'intervento di Rossana Rossanda ha aperto un dibattito sicuramente utile, dove tuttavia è data poca voce all'ecologia, una scienza centrale per lo studio dei sistemi naturali ai diversi livelli di complessità, dall'individuo all'ecosistema. L'ecologia, del resto, è stata poco e mal considerata anche nella valutazione dei progetti alternativi al Mose. Illuminante è stata la presentazione, cui ho personalmente assistito, del progetto alternativo maggiormente sostenuto dal Comune. Il progetto, come è noto, comporta il restringimento delle bocche di porto con conseguente permanente riduzione degli scambi fra mare e laguna sino al 20 per cento rispetto all’attuale. Ho sentito, con stupore, definire questo «un impatto modesto sull'ambiente», liquidando così sbrigativamente le complesse implicazioni di natura ecologica sull'intero sistema lagunare.
«Modesto» è un aggettivo privo di significato nel metodo scientifico in generale e, da un punto di vista ecologico, un impatto «modesto», può anche rappresentare una catastrofe.
Il metabolismo dell'ecosistema lagunare è infatti strettamente regolato dagli scambi mareali. La laguna di fatto «vive» grazie agli scambi idrici con corpi acquatici adiacenti e, a fronte di un intervento alle bocche di porto che prevede una forzata, permanente e consistente riduzione della capacità di scambio mareale, sarebbe doveroso prospettare, con rigore scientifico, gli effetti sul funzionamento dell’ecosistema. E' lecito ipotizzare, ad esempio, il verificarsi di anossie e crisi distrofiche soprattutto (ma non soltanto) nei periodi estivi; è inoltre probabile una minore efficienza delle funzioni di diluizione ed esportazione degli inquinanti; è infine prevedibile, come dimostrano studi recentissimi, una minore dissipazione del carico organico rilasciato nei canali urbani, il cui idrodinamismo è fortemente condizionato dagli scambi mareali.
Più in generale, in un sistema vasto e composito come la laguna di Venezia, le aree più interne, spesso ad alto valore naturalistico, sono vulnerabili a variazioni del regime idrologico, che altera il processo di vivificazione su cui si fonda l’equilibrio di queste aree, ove si rinvengono habitat e specie tipiche degli ambienti lagunari, adattati ai cicli di ricambio naturale delle acque.
Il Mose è un sistema che solo temporaneamente interrompe gli scambi fra mare e laguna. E poi il Mose esiste. E' stato costruito circa il 30 per cento dell'intero progetto. Oggi la comunità scientifica degli ecologi, al di là di ogni dibattito tecnico e politico, è su questo che è chiamata ad impegnarsi, tenendo realisticamente conto che le attività dei cantieri alle bocche di porto sono fonte indubbia di danni all'ambiente. Ma non basta genericamente affermarlo. Quei danni bisogna conoscerli, rilevarli e misurarli. Ed è proprio questo che si sta facendo, così come indicato dalle Direttive europee. Solo sulla base di queste conoscenze si potranno infatti pianificare mitigazioni agli impatti dei lavori in corso o adeguate e indispensabili compensazioni ambientali.
Su questi temi sarebbe più che mai importante la collaborazione delle amministrazioni locali, anche perché, al di là dei facili proclami, in realtà rimane scarsa l’effettiva e concreta attenzione ai problemi ambientali.
Sento spesso invocare idee nuove per Venezia. Sarebbe davvero innovativo poter offrire al mondo, insieme allo splendore della città, anche la straordinaria natura della sua laguna. Perché ciò avvenga, però, è necessario un grande progetto che sappia integrare la realtà del Mose con l’effettiva conservazione dell'ambiente e la valorizzazione della cultura, delle tradizioni e dell'economia lagunare. L' amministrazione comunale precedente aveva iniziato un percorso per la creazione di un Parco della Laguna. Questo sarebbe il grande progetto, la vera nuova immagine per Venezia, protetta dalle acque alte e al contempo capace di conservare e di fruire del proprio patrimonio naturale, garzetta compresa naturalmente.
Patrizia Torricelli - Ordinario di Ecologia, Università di Ca' Foscari di Venezia
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16/01/2007 - Calatrava, partiti i lavori per il varo. Cucciniello: "L'ovovia non serve

Tratto da "La Nuova" del 16/01/2007

Il primo dei pali dell'impalcatura provvisoria per l’allestimento del ponte di Calatrava è stato infisso ieri, poco prima delle 16. Da qui all'8 febbraio, ne saranno allestiti 24 in tutto, tra piazzale Roma e la stazione, con la conseguenza che - fino a domani, dal 23 al 27 gennaio e dal 6 all'8 febbraio - il pontile della linea 82-1 di Piazzale Roma-Santa Chiara resterà chiuso e i mezzi ormeggeranno a Parisi.
Questa volta, la grande operazione è partita. Se il crono-programma sarà rispettato, dopo la sospensione dei lavori per Carnevale, i primi due conci laterali arriveranno nottetempo su un pontone lungo 50 metri e saranno issati nell’ultimo week end di febbraio.
Meteo permettendo, 15 giorni più tardi toccherà alla parte centrale dello scheletro d'acciaio disegnato da Santiago Calatrava, che sfiorerà il ponte di Rialto, passando a un metro dall'arcata del ponte.
In settimana, in banchina dell'Azoto, si svolgerà intanto l’ultima prova generale per l’allestimento da brivido dei tre tronconi del ponte: una simulazione voluta dall'ingegner Romero (che ha già seguito l’allestimento dello stadio di Atene e del ponte autostradale a Mantova, firmati dall’architetto catalano), che l’impresa Cignoni ha preso come consulente, dopo le mille polemiche che hanno seguito la realizzazione del prototipo.
Polemiche ancora non del tutto concluse. A far ancora discutere - e molto - è l’ovovia per il trasporto delle persone con difficoltà a camminare: prototipo anch'esso, che dev'essere collaudato e che il Comune ha promesso verrà inaugurato insieme al ponte, entro la fine dell'estate. Un ascensore che ci impiegherà 7 minuti ad attraversare il ponte, che non piace neppure alle associazioni di disabili, anche perché non prevede soste in cima. Sul tema interviene l’architetto Enzo Cucciniello, docente di Programmazione ambientale e autore del «caregòn», la passerella in funzione sul rio degli Ognissanti.
«Il Ponte di Calatrava è un prototipo di prestigiosa bellezza, ma la cui complessità costruttiva viene aggravata dai terreni limo-argillosi di Venezia, particolarmente difficili e infidi per la posa», spiega Cucciniello, che però ammonisce il Comune dal soprassedere «almeno fino ad ottobre», dall’allestimento della «fantascentifica ovovia». «Sperimentiamo il ponte "normale"», osserva Cucciniello, «e prendiamo in seria considerazione le strategie da tempo adottate dal progetto Veneziapertutti, con mappe-guida e vaporetto, semmai sperimentando tecnologie moderne (come quelle in servizio negli aeroporti).
Quanto all'ovovia, a parte l’aggravio dell'impegno economico, funzionamento e manutenzione nel tempo comporterebbero spese non sostenibili, anche perché non supportate dal buon senso, dal momento che piazzale Roma e Ferrovia sono collegate da vaporetti, mezzo sicuro e confortevole, perciò la realizzazione dell'ovovia non è obbligatoria per le leggi vigenti».
(r.d.r.)

 

14/01/2007 - San Marco, il caro-plateatico ricade sulla tazzina

Tratto da "Il Gazzettino" del 14/01/2007

Associazione Piazza San Marco sul piede di guerra: non garba affatto l'aumento della Tosap proposto ieri dal vicesindaco Michele Vianello per rimpinguare le asfittiche casse comunali. In altri tempi, il doge si sarebbe recato al Ghetto per pattuire un prestito in ducati, ora, invece, si deve far conto sulle tassazioni.Michele Vianello, infatti, fra gli altri provvedimenti, ha proposto un aumento della Cosap, il canone sui plateatici , pari al 30 per cento per i caffè in piazza San Marco e al 10 per centro per le altre occupazioni di suolo pubblico nella città.«Però non si parla mai di risparmio alla fonte - commenta deluso Enrico Gigi Bacci, presidente dell'associazione Piazza San Marco - mentre si tende sempre a colpire i soliti soggetti. Poichè nello scorso anno la Cosap è stata aumentata del 33 per cento, questa nuova proposta porterebbe ai caffè della piazza un aggravio Cosap del 63 per cento in due anni. Mi sembra davvero assurdo nella fattispecie, ma anche deludente in merito ad un giudizio complessivo sulle strategie comunali».«Premesso che un Comune bisognoso di risorse economiche deve cercarle nei contribuenti - prosegue Bacci - non può d'altro canto applicare aumenti fiscali sempre alle stesse attività. Sappiamo, ad esempio, delle difficoltà economiche in cui versano le aziende controllate dal Comune, con la miriade di altre piccole altre aziende satelliti in rosso se non sull'orlo del fallimento: l'amministrazione dovrebbe iniziare da queste una valida azione di risparmio e solo in seguito pensare alle tassazioni. In più, per quanto riguarda la Piazza si colpiscono solo 3 o 4 esercizi, mentre tutta la città è preda di maree di abusivi e di ambulanti, i quali pagano una miseria per bancarelle che poi, aperte, diventano grandi come centri commerciali. Purtroppo, anche se ci consideriamo amici di chi gestisce la città, debbo osservare che con questa amministrazione è pressochè impossibile dialogare, mentre la Piazza è sempre più sporca, il guano si ispessisce ed il numero dei colombi e degli abusivi aumenta».«Eravamo favorevoli ad un ticket turistico ben proposto e gestito - conclude Bacci - purtroppo è più facile tassare i plateatici piuttosto che affrontare e risolvere difficoltà di applicazone per provvedimenti giusti».«Questo aumento Cosap ci mette in ginocchio - afferma Francesco Trevisan, responsabile operativo del Caffè Quadri - soprattutto se aggiunto al precedente. Pensano che gli esercizi della Piazza siano sempre i più ricchi, i milionari, invece la gestione è difficile ed ogni aumento dovrà lentamente ma inesorabilmente ripercuotersi sui clienti, dal momento che dovremo a nostra volta aumentare i prezzi».
Il vicesindaco tuttavia replica affermando che la manovra, da cui il Comune ricaverà un gettito di un milione e 300mila euro, colpirà la filiera turistica, ma non solo tre o quattro pubblici esercizi. «L'aumento della Cosap del 30 per cento - spiega Vianello - riguarda tanto i caffè storici quanto i banchetti e gli ambulanti che operano in area marciana, vale a dire tutti coloro che lavorano grazie al turismo. Ma risparmierà le altre attività, ad esempio gli artigiani».
Tullio Cardona

 

10/01/2007 - Discariche abusive in centro storico: un problema grande come Le Barche

Tratto da “Il Venezia” del 10/01/2007

Messi tutti assieme, i rifiuti abbandonati in otto mesi dai veneziani riempirebbero quasi per intero un palazzo grande come il centro commerciale Le Barche. Un confronto necessario per dare visibilità ai freddi numeri sulle discariche abusive snocciolati da Vesta.
Da Gennaio ad agosto, tra lavatrici, televisori, mobili e oggetti vari a Venezia sono stati abbandonati 5mila metri cubi di spazzatura. Una montagna di scoasse che ogni giorno alimenta le piccole discariche che nascono come funghi tra calli, campielli, rive, vicino ai ponti e ai monumenti. «In media solo in centro storico individuiamo 15 discariche abusive al giorno - spiegano a Vesta-. E li c'é di tutto. Dalle batterie da barca, ai barattoli di vernice, all'amianto alle caldaie. E c'é anche chi abbandona interi avanzi da piccoli cantieri edili con eternit, tubi e calcinacci». E cosi, mentre uno si fa più bella la casa dentro, lasciando i rifiuti in giro per Venezia contribuisce a trasformarla in una grande discarica.
Accusare Vesta di lavorare poco o additare il turista di sporcare la città, davanti questi numeri é come coprirsi con una foglia di fico. Il turismo certo porta rifiuti e se Vesta pulisse ogni ora ce ne sarebbero di meno. Ma certi rifiuti e certe discariche, come quelle fotografate ieri con addirittura dei tappeti a S.Fosca, di certo non sono opera dei visitatori. Il caso che riguarda i turisti é quello dei cestini che si riempiono in poco tempo, ma tutt'attorno i residenti poi ci mettono i sacchetti della spazzatura. Un classico, che moltiplicato per i circa 1000 cestini che ci sono in città si trasforma in altrettante micro discariche poco igieniche e sicuramente un brutto biglietto da visita. Tra le aree dove ormai é normale trovare lavatrici e quant'altro Santa Fosca, SantaMarta, l'isola di Sant'Elena vicino allo squero delle barche, in campo San Zandecolà, alla Giudecca e in fondamenta della Tana. Comunque e sempre in luoghi facilmente raggiungibili dalle barche e dove non c'é gran passaggio di persone. Tra i "ritrovamenti" piü eclatanti di discariche abusive, dei sacchi con liquami di qualche pozzetto svuotato vicino la Querini Stampalia, un enorme frigorifero industriale vicino un palazzo pubblico a Rialto e l'intero mobilio di una casa in Strada Nova.
Tanti di quei mobili, dal salotto, alla cucina, alla camera completa, che gli stessi operatori di Vesta hanno scambiato per un momentaneo trasloco. Se Venezia annega nelle piccole discariche, la passione di abbandonare di tutto dove non si potrebbe é anche di chi abita in terraferma. A Mestre e dintorni Vesta ha censito ben 57 discariche cicliche, ovvero punti che vengono ripuliti da detriti, lavatrici bidoni di vernice e quant'altro, e che dopo qualche gior- no vengono nuovamente riempiti. A Mestre le discariche sono inferiori, dunque, ma il problema é che sono molto più grandi.
In totale si parla di 2500 metri cubi in otto mesi, circa la metá di quelli registrati in centro storico. Ma tutto questo quanto costa ai cittadini? «Tanto, spiegano a Vesta - per ripulire le discariche abusive in un anno spendiamo circa 500 mila euro». E cosi circa 1'1% di quanto raccolto con la Tia, ovvero 5 milioni di euro l'anno, viene speso per ripulire la città dagli atti d'inciviltà, di chi lorda la città.
Eppure basterebbe poco. Telefonando a Vesta e aspettando qualche giorno i rifiuti ingombranti verrebbero raccolti a domicilio gratis dalla municipalizzata. In terraferma le cose sono più facili. Invece di caricare in macchina televisori, frigoriferi e altro per poi gettarli dove non si deve, basterebbe andare nell'ecocentro, in via Porto di Cavernago, e scaricarli li. Per la cronaca, intanto, ieri sia a Venezia che a Mestre le scoasse sono state protagoniste. In zona Canal Secondo il reparto ambientale della polizia municipale ha multato con 516 euro una chiatta che trasportava senza documentazione in regola del materiale ferroso. In via Ca' Marcello invece é iniziato lo sgombero dai rifiuti dello stabile ex sede delle Generali, una mega discarica ancora sotto sequestro.
Andrea Ciccarelli

 

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