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01/02/2005 - Anche il Mose ha un peccato originale

Tratto da "Il Gazzettino" del 1 febbraio 2005 - pag. IV

Anche il Mose ha un peccato originale. Una scelta progettuale che a cascata ha imposto enormi appesantimenti e irrigidimenti dell'intera struttura, facendo lievitare a dismisura costi e tempi di realizzazione e costringendo a complicare, e dunque a rendere meno affidabile, l'architettura dell'intera macchina che dovrebbe difendere Venezia dalle acque alte eccezionali.
«Il risultato sarà un impatto devastante per l'ambiente lagunare», ha denunciato ieri l'ing. Vincenzo Di Tella, che a 4 anni dall'ideazione ha potuto illustrare alla commissione Legge speciale del Comune il suo progetto alternativo, sviluppato allo stadio di preliminare in collaborazione con gli ingegneri Paolo Vielmo e Gaetano Sebastiani: una sorta di Mose riveduto e corretto, che Di Tella ha brevettato.
«Il Mose è nato 30 anni fa e non tiene assolutamente conto dell'evoluzione dell'ingegneria off shore», ha sostenuto Vielmo, ricordando di essere stato incaricato dalla Fiat Impregilo, quand'essa faceva ancora parte della compagine societaria del Consorzio Venezia Nuova, dell'analisi critica del progetto. «Ma tutti i suggerimenti per la sua ottimizzazione - ha ricordato - più che un muro di gomma hanno trovato un muro di cemento armato».
Peccato che le opposizioni abbiano disertato in massa l'audizione: Di Tella, Sebastiani e Vielmo, infatti, non sono scatenati ambientalisti, né tre persone qualunque, ma probabilmente i tre massimi esperti italiani in progettazioni off shore, una vita professionale spesa nella Tecnomare a realizzare piattaforme oceaniche e le più diverse tecnologie marine in giro per il mondo, sopra e sotto l'acqua.
«Il Mose emerge contro corrente», ha spiegato Di Tella, evidenziando come la risultante tra la spinta netta di galleggiamento sulle paratoie, che si innalzano svuotandosi con pompe di aria compressa dei quasi 2 mila metri cubi d'acqua che le tengono a riposo sul fondo, e la spinta del battente di marea si traduca in una inversione dei carichi sui giunti che fissano i portelloni ai loro alloggiamenti. «La paratoia - ha insomma tradotto Di Tella - tende a strappare le sue cerniere, e sono pronto a discuterlo a tutti i livelli».
C'è, insomma, la possibilità di ribaltamento delle paratoie, e ciò ha imposto al progettista, Alberto Scotti, di prevedere delle strutture a collasso determinato che possano rompersi prima che cedano le paratoie, allagando tutto il tunnel di servizio e mettendo in crisi l'intero sistema. «Se Scotti ci facesse avere un suo curriculum - ha polemizzato Di Tella - dimostrandoci quante strutture off shore ha progettato in vita sua, forse capiremmo qualcosa di più».
Secondo Di Tella, il peso delle paratoie, sovradimensionate per evitare problemi di risonanza con le onde del mare, la necessità di enormi e non sperimentati connettori meccanici, il fatto che la loro gestione richieda un continuo e controllato pompaggio d'aria, hanno imposto il tunnel, 12 mila pali in cemento per le fondazioni per evitare cedimenti, ciclopiche spalle di sostegno, l'isola davanti al Bacàn, una centrale elettrica da 10 mila megawatt, i cantieri di costruzione a Malamocco, la conca di navigazione, il dragaggio di milioni di metri cubi di fondali, la demolizione delle dighe foranee. «Tutto - ha sottolineato Di Tella - tranne che graduale, sperimentale, reversibile come richiesto dalla legge».
Nel progetto Di Tella, invece, le paratoie a gravità si innalzano con la marea, restando zavorrate tranne una piccola camera di manovra che, svuotata di appena 50 tonnellate d'acqua con banali compressori, mette il sistema in movimento. «È il livello dell'acqua che fa salire le paratoie - ha spiegato il progettista -, il sistema è intrinsecamente stabile, non serve alcun controllo perché non dobbiamo lottare con la corrente, anche nel peggior dislivello di marea non c'è inversione di carico sulle cerniere». Dunque, tutto più leggero, più agile, adattabile ai fondali esistenti, realizzabile in un normale cantiere navale con tecnologie sperimentate e affidabili, installabile a pezzi.
A materiali e costi unitari analoghi, il Mose2 richiederebbe 2 anni di lavori contro 8 del Mose e costerebbe 1382 milioni di euro contro 2296 (2070 ha precisato Di Tella contro 3440 se venissero applicati i «mai visti» corrispettivi e gli oneri aggiuntivi del 50 per cento calcolati dal Consorzio), ma in acciaio e a gara d'appalto costerebbe 402,5 milioni di euro contro i 753,6 dei lavori in concessione unitaria al Consorzio. «Il Comune chiederà un confronto pubblico tra i due progetti nelle massime sedi», ha concluso la Commissione, ed è curioso che il Magistrato alle Acque, a cui Di Tella ha chiesto a luglio e a dicembre del 2003 di presentare il suo progetto, non abbia mai neppure risposto.
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30/01/2005 - «Oasi naturalistiche minacciate dal Mose»

Tratto da "Il Gazzettino" del 30 gennaio 2005 - pag. VI

Bilancio di due anni di attività delle oasi naturalistiche di Alberoni e Ca' Roman. È emerso un elogio all'attività di tutela e gestione assicurata da Wwf e Lipu, ma anche una forte preoccupazione per la collocazione dei cantieri del Mose che rischia di rovinare il patrimonio naturalistico. Questo, in sintesi, il senso dell'incontro tenutosi l'altro pomeriggio all'Hotel Hungaria Palace del Lido. Vi hanno partecipato, tra gli altri, l'assessore di Ca' Farsetti all'ambiente Paolo Cacciari, il presidente della Municipalità del Lido Gianni Gusso e il dirigente del settore sviluppo del territorio e mobilità Giorgio Pilla. Erano presenti poi il responsabile dell'oasi Wwf degli Alberoni Paolo Perlasca e di quella Lipu di Ca' Roman Marco Basso. "Se le oasi sono riconosciute dalla Comunità Europea di interesse comunitario - ha attaccato l'assessore Cacciari - non comprendo come si possano in queste stesse aree allestire dei cantieri che, di fatto, le imprigionano e le possono compromettere. Bene: come amministrazione comunale abbiamo, in via indiretta, avuto notizia che la commissione regionale avrebbe detto che i cantieri non hanno alcun effetto impattante".
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30/01/2005 - Interporto, nasce la «cittadella» delle merci

Tratto da "Il Gazzettino" del 30 gennaio 2005 - pag. VIII

La nuova cittadella della logistica prende finalmente forma. Ieri per la prima volta sono stati presentati nella sede dell'Interporto i cinque progetti che faranno crescere un polo nato agli inizi degli anni Novanta, dalle ceneri di una delle vecchie industrie di Porto Marghera. E per presentare le nuove iniziative, i magazzini, i capannoni, le aree di smistamento delle merci, il nuovo albergo per i lavoratori, la famiglia De Vecchi non ha lasciato niente al caso. Oltre cinquecento persone, tra politici, amministratori, sindacalisti, industriali e operatori portuali, ad assistere alla cerimonia di presentazione di progetti che nei prossimi tre anni costeranno qualcosa come 50 milioni di euro. Investimenti importanti, nel cuore di un'area industriale in piena trasformazione: "Non nascondo la soddisfazione per questa opera che rappresenta un vero e proprio processo di riconversione di Porto Marghera - dice Eugenio De Vecchi, consigliere delegato della società in cui partecipano anche gli enti locali, la Regione, la Camera di Commercio e l'Autorità Portuale - la prospettiva è quella di dotare il Nordest di una grande opera per la logistica e il trattamento delle merci, candidandoci ad entrare in competizione con le altre strutture simili alle nostre".
Ieri è stato dato il via libera al magazzino del freddo (100 metri cubi di celle frigorifere); al magazzino per la logistica (16 mila metri quadrati); al nuovo silo da 100 mila tonnellate per prodotti di rinfusa, oltre a nuovi 2000 metri di fasci di binari che consentiranno la formazione dei treni blocco. Senza considerare il nuovo albergo per lavoratori pendolari, insomma dove oggi c'è una spianata di terra, tre meno di due anni nasceranno le nuove strutture. Il che significa almeno altri 150 posti di lavoro nuovi, più quelli che riuscirà a creare tutto il settore dell'indotto. Nonostante i problemi che attualmente attanagliano il porto di Venezia le attività interportuali sono una delle poche attività che potrebbero rilanciare la zona industriale.
"Questo interporto è posizionato nel cuore della zona industriale in adiacenza al canale industriale ovest, che consente il passaggio di navi mercantili fino a 30 piedi di pescaggio con attacco di banchina di 500 metri e un raccordo ferroviario interno di 3000 metri collegato direttamente alla stazione di Mestre - spiega De Vecchi - adesso ci aspettiamo ancora un maggiore impegno delle istituzioni che oggi hanno dato una grande prova di affetto nei confronti di questa struttura".
Il futuro insomma è nella logistica e ieri quasi tutti partecipanti alla cerimonia lo hanno ricordato nei loro interventi. "E' chiaro che ora bisogna fare alleanza anche con gli altri porti del nordest e con gli altri interporti - dice l'assessore regionale alla Mobilità Renato Chisso - Penso a Monfalcone e Trieste, all'interporto di Padova a quello di Rovigo, al quadrante Europa di Verona. Una cosa mi preme ricordare: questi imprenditori, la famiglia De Vecchi ha avuto un'ottima intuizione, ma tutto questo è stato possibile anche grazie ai lavoratori che qualche anno fa si sono messi in discussione accettando una sfida che pareva del tutto nuova".

 

30/01/2005 - «Centocinquanta posti di lavoro per un nuovo sviluppo»

Tratto da "Il Gazzettino" del 30 gennaio 2005 - pag. VIII

"Sapere che, in un momento tanto difficile soprattutto per i giovani, questo ampliamento strutturale significherà la creazione di oltre 150 posti di lavoro, e un fatto che mi riempie di gioia. La provincia di Venezia ha un grande obiettivo: contribuire a creare un modello di sviluppo capace di coniugare il rispetto dell'ambiente alle attività produttive per concretizzare un reale innalzamento della qualità della vita di tutti i cittadini". Davide Zoggia presidente della Provincia è uno degli azionisti della società mista pubblico-privata. Assieme al Comune, alla Provincia e alla Regione è degli enti che nei prossimi mesi sarà chiamata a investire sul nuovo polo della logistica. Giancarlo Zacchello, presidente dell'Autorità Portuale, insiste sul fatto che è arrivato il momento di costituire un coordinamento tra le varie iniziative: "Il porto , l'aeroporto, il sistema interportuale regionale, la rete stradale e autostradale, sono realtà importanti che non possono essere gestite a compartimenti stagni, ma devono avere una stessa visione per lo sviluppo in un'area che continua ad essere strategica per il sistema Italia. Serve una cabina di regia unica in grado di governare i processi di crescita che queste realtà generano". Zacchello poi far riferimento alle ultime vicende che stanno angustiando lo scalo marittimo: "Prima i fanghi, adesso i rottami ferrosi. Non dobbiamo abbassare la guardia perché la strada per migliorare ancora è lunga. Per i fanghi, grazie alla Regione, abbiamo trovato una soluzione nominando un commissario straordinario. Per i rottami ferrosi bisogna che prevalga il buon senso". Massimo Albonetti, presidente della Camera di commercio spiega: "Grazie al felice connubio tra soggetti pubblici e privati, l'Interporto è riuscito ad ottenere finanziamenti che hanno consentito e consentiranno di realizzare strutture rilevanti. La posizione dell'Interporto di Venezia è strategica - continua Albonetti - si tratta dell'unica realtà dove è rappresentata tutta la filiera logistica dal mare al ferro, dalla gomma ai "cieli", data la vicinanza dell'aeroporto Marco Polo. Anche per questa ragione , ora che gli interventi di infrastrutturazione si stanno concretizzando, è fondamentale realizzare, quei collegamenti che permettano di sviluppare appieno questa iniziativa. A nostro avviso, l'Interporto di Venezia, con la connessione con il retroterra, in particolare con l'area di Padova e quella di Treviso, potrà svolgere nel prossimo futuro un ruolo ancora più pregnante". Infine il sindaco di Venezia, Paolo Costa, presente alla cerimonia con tanto di fascia di primo cittadino: "Ho sempre creduto in questa iniziativa e ho sempre creduto che la riconversione di alcune aree di Porto Marghera deve passare attraverso iniziative di questo tipo. La logistica è una delle opportunità, il segnale che anche qui si possono fare ottime iniziative, partendo dall'impegno dei privati e con la collaborazione del settore pubblico".

 

30/01/2005 - Storico accordo in Punta S. Giuliano Tutte le remiere in una Polisportiva

Tratto da "Il Gazzettino" del 30 gennaio 2005 - pag. IX

Alla fine anche la Canottieri Mestre ha firmato. E sono otto su otto le società che ieri alla presenza del vicesindaco Michele Mognato hanno sancito l'accordo per il Polo nautico di San Giuliano. Soltanto due giorni fa l'en-plein sembrava sul punto di saltare, poi lo strappo consumato nell'ultima riunione è stato ricucito con un po' di buon senso da parte di tutti. Ora ci sono un direttivo unico (composto da 9 membri, in futuro saranno 17), un presidente, Massimo Donadini, e uno statuto (a giorni la registrazione dal notaio) per la nuova associazione che riunisce tutte le società attive in punta di San Giuliano: Voga Veneta, Canoa Club, Circolo Vela Mestre, Circolo Velico Casanova, Spes Canoa, Associazione Arcobaleno, Laguna Gommone Club e appunto Canottieri Mestre.
«Da più di un anno le otto società hanno lavorato per unirsi superando differenze e divisioni per un solo obiettivo: il Polo nautico che diventerà operativo nel giro di tre anni - annuncia, dopo il brindisi di rito, il presidente Donadini - se uniti, crediamo di costituire un soggetto che può candidarsi per la gestione di questo centro. Tutti insieme siamo una grande realtà, con 1500 soci paganti, ora dobbiamo dimostrare managerialità e progettualità nella fruizione di uno spazio che sia aperto alla città ma limitato strettamente alle attività che vi si faranno di nautica non motoristica, naturale o sportiva che dir si voglia».
Superando divisioni e antichi contrasti, che derivano anche dai diversi ambiti di competenza delle varie società: è presente una polisportiva come la Canottieri Mestre, qualcuno opera nella motonautica, altre nella voga e voga alla veneta, e ancora nella vela o nella canoa. Anche le finalità per alcune cambiano, dalla pura promozione sportiva del circolo canoistico Arcobaleno ai compiti di protezione civile del Gommone Club di Mestre.
È per questo che Mognato definisce "difficile" il lavoro svolto per arrivare a questa nuova associazione. «Ognuno viene da storie diverse, le discussioni diventano anche dure ma significa che tutti ci mettono l'anima in questo progetto e alla fine l'importante è trovare un accordo - dice il vicesindaco - è merito delle società sportive che sono state in trincea per decenni se San Giuliano è diventato quello che è oggi, il parco e il polo nautico». A questo proposito, nei giorni scorsi l'architetto Di Mambro ha presentato all'amministrazione il progetto preliminare che andrà in giunta questa settimana o la prossima. Tra maggio e giugno sarà pronto quello definitivo, regalo per la prossima amministrazione, così come la messa in sicurezza e bonifica del terreno e gli stanziamenti per la costruzione del centro che prevede una foresteria, un ristorante e naturalmente le strutture coperte e non per la pratica sportiva.

Alla conferenza stampa dopo la sottoscrizione dell'accordo hano preso la parola tutti i presidenti delle società. Bepi Penzo (Voga Veneta Mestre) si pone da garante della salvaguardia ambientale: «L'obiettivo principale da statuto è l'ambiente, basta con le barche a motore che sfrecciano qua davanti». Paolo Bertan rivendica la leadership della Canottieri Mestre («Ci siamo insediati per primi 30 anni fa in mezzo alle immondizie, poi sono arrivati gli altri») ma ha accettato l'accordo e parla per tutti: «Facciamo degli sport poveri, però abbiamo un ideale: far crescere i giovani con un'attività pulita». Sulla buona convivenza c'è ancora da lavorare, lo ricorda Tito Pamio (Arcobaleno): «Sfrattati da Passo Campalto, qua siamo mal sopportati per le nostre 70 canoe». Ma la funzione del Polo nautico metterà tutti d'accordo. «Sarà una palestra naturale dove tutti potranno applicarsi, non ci saranno neanche più barriere architettoniche per i disabili», dice Diego Dogà del Canoa Club Mestre. E il Circolo Vela con Bruno Zan: «Non dovrà diventare un dopolavoro ma una società sportiva». Entro il 31 maggio l'attuale direttivo pro-tempore, composto dagli otto presidenti più il presidente Donadini, verrà sostituito da quello effettivo: 9 membri stavolta saranno eletti direttamente dai soci.

 

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